Il miele del Malcantone
Il giovane apicoltore di Novaggio Sandro Paratore, produttore di miele bio di castagno e tiglio per Migros Ticino, ci parla della sua affascinante attività.
Signor Paratore, ci parli un po’ di lei e da quando fa l’apicoltore… Ho 32 anni e sono diplomato come giardiniere-paesaggista. Ho sempre amato stare a contatto con la natura, non sono sicuramente un tipo da ufficio; per questo sono contento di avere da quest’anno un collaboratore che, oltre ad aiutarmi in apicoltura, si occupa di tutta la parte amministrativa. Per quanto riguarda l’apicoltura, produco miele da 10 anni e dal 2019, dopo il periodo di conversione, sono certificato Bio Suisse. Nel 2020, dopo 4 anni di formazione in Svizzera tedesca, ho finalmente ottenuto anche l’attestato professionale federale di apicoltore e non nascondo di esserne un po’ orgoglioso. Attualmente posseggo un centinaio di arnie distribuite sul territorio malcantonese.
Come mai questa passione per le api e il miele? L’ape è un insetto che mi affascina da sempre: mi piace soffermarmi ad osservarle su piante e fiori con cui sono spesso a stretto contatto per l’attività che svolgo. E poi, se penso al lavoro incredibile che fanno al servizio dell’umanità, dovremmo rispettarle di più. L’apis mellifera regala non solo un nettare unico, il miele, ma anche altri prodotti come la cera, il polline e la propoli. Ma la sua vera importanza è data dal suo ruolo di impollinatore come pure di sensibile indicatore della qualità dell’ambiente. Pensiamo che una colonia di api, per produrre 1 kg di miele, vola 150’000 km e la stessa colonia visita in un giorno 12 milioni di fiori: sono cifre impressionanti che danno il peso del lavoro svolto dall’ape, del suo compito fondamentale di impollinazione ma che danno anche l’idea di come l’ape sia intimamente legata all’ambiente che la ospita.
Come descriverebbe il miele prodotto nella vostra azienda? Il nostro miele, come molti altri prodotti naturali, non è mai identico da un anno all’altro. Ogni anno si ottengono infatti dei mieli che variano a dipendenza del tipo e quantità di nettare che le api riescono a bottinare durante il periodo in cui è presente un importante flusso nettarifero da permettere un raccolto. Quest’anno, per esempio, abbiamo fatto un raccolto di miele primaverile che non si riusciva più a fare da diversi anni. Si tratta di miele di acacia che però, e qui torno sul discorso del prodotto naturale mai identico, quest’anno presentava anche delle tracce di nettare di acero, una pianta che in alcune località dove sono situati i nostri apiari è fiorita parzialmente in contemporanea con l’acacia. Abbiamo poi fatto un raccolto di miele di castagno che anche lui presenta una componente di tiglio che può variare di anno in anno; quest’anno è meno presente rispetto al raccolto del 2021. Per finire, grazie all’ottima collaborazione con un amico apicoltore della Svizzera tedesca, ci siamo lanciati nella produzione di miele di bosco, o miele di abete, una vera delizia dai boschi di conifere che qui in Ticino non si riesce a raccogliere. Abbiamo traslocato alcune arnie in un fitto bosco di abete bianco nel Canton Lucerna e siamo ritornati con alcuni melari ben ricolmi. È stata sì una soddisfazione per il raccolto ma soprattutto per esserci fatti un po’ di cultura attorno a questo tipo di miele molto conosciuto nella svizzera tedesca.
Quali sono le problematiche principali che dovete affrontare? I mesi cruciali per la nostra apicoltura sono quelli di luglio e agosto: da un lato è in pieno svolgimento il raccolto del miele di castagno e tiglio, dall’altro l’apicoltore deve affrontare quel che da noi rappresenta il problema numero uno, ossia l’acaro parassita varroa, presente da noi dagli anni Ottanta. Questo parassita rappresenta un pericolo per lo sviluppo e/o la moria delle colonie e, purtroppo, ci accompagna durante tutto il corso dell’anno apistico. Invidio gli apicoltori che operavano prima dell’avvento di questo parassita… Per far fronte a questa situazione noi adottiamo due misure principali che sono, da una parte, la creazione di giovani colonie in primavera e, dall’altra, nel mese di luglio, subito dopo aver tolto i melari, delle tecniche apistiche che contribuiscono ad eliminare gran parte della varroa presente. Così facendo, dovremmo contenere la pressione dell’acaro in modo da permettere lo sviluppo in buone condizioni della covata invernale e delle api che nasceranno. Se non facessimo nulla a luglio, potremmo infatti trovare la colonia collassata oppure indebolita a tal punto da non riuscire a passare l’inverno. Queste misure, accompagnate da altre che seguiranno successivamente, non sono una garanzia al 100% di sopravvivenza delle colonie ma sono, allo stato attuale delle conoscenze, le uniche che noi riteniamo utili, fattibili e conformi alle norme del biologico per mitigare il problema delle morie invernali.
Quanto influiscono siccità e cambiamenti climatici in generale sulla produzione di miele? Siccità e cambiamenti climatici influiscono sulla produzione perché possono compromettere la capacità pollinifera e nettarifera di alcune piante, quindi anche meno disponibilità per le api di raccogliere nutrimento per la colonia e, di riflesso, anche meno miele. In alcune regioni la siccità rappresenta pure un problema di approvvigionamento di acqua per le api stesse. I cambiamenti climatici hanno però un impatto rilevante sulla salute delle api e sulle pratiche di conduzione degli alveari. Per esempio, se le temperature invernali sono «normali », ossia costantemente basse, le api si raccolgono in glomere e la regina aspetta i primi tepori di fine gennaio inizio febbraio per iniziare a deporre la covata. Con un inverno mite come quello scorso, le regine hanno iniziato a deporre ben prima. La presenza di covata fresca corrisponde anche al consumo di nutrimento che, in questo periodo, può provenire solo dalle scorte presenti nell’alveare. Occorre quindi sempre sorvegliare che sia sufficiente per evitare che muoiano di fame e completarlo se necessario. Ma una covata opercolata significa pure sviluppo della varroa: i pochi acari sopravvissuti dopo i trattamenti invernali, iniziano già a sistemarsi nelle celle opercolate della covata e inizia così, con largo anticipo, il loro ciclo di riproduzione. Anche qui occorre vegliare affinché si possa intervenire per tempo con delle misure di contenimento, per evitare di raggiungere troppo presto la soglia critica. Per riassumere, i cambiamenti climatici comportano per l’apicoltura e l’apicoltore più impegno e più risorse ma anche la necessità di mantenersi sempre aggiornati. Queste importanti sfide stimolano anche lo scambio con altri apicoltori e spesso mi rendo conto che non si finisce mai di imparare. Anche questa è una parte che mi affascina dell’apicoltura!
Si può migliorare il benessere delle api? Certamente ognuno di noi può contribuire al benessere e allo sviluppo delle api. Per gli insetti è importante disporre tutto l’anno di un’offerta variegata di nettare e polline. I giardini fioriti contribuiscono in maniera significativa. Scegliendo di coltivare piante mellifere nel proprio giardino si favorisce l’impollinazione da parte delle api e una raccolta più copiosa di frutta, bacche e verdure. E poi esse non saranno solo un’oasi per le api ma anche per i nostri occhi quanto osserviamo i fiori colorati di prati e aiuole. Altro fattore determinante che contribuisce a migliorare il benessere delle api è quello di rinunciare il più possibile all’utilizzo di prodotti fitosanitari e di biocidi.